Ieri, mentre un amico medico mi medicava (rinzaffava, ho imparato) per un intervento al petto
(inezie, una ciste impazzita), vivevo, per la mia personale esperienza, un fatto unico e
eccezionale (e pure dolorosissimo).
In quel momento passa un chirurgo -
saluta i colleghi, è appena rientrato da uno stage all’estero (mi par di capire) - guarda
il mio petto, partecipa del momento, poi esclama una roba tipo “wow,
questo sì che è un bel buco, in America medicazioni così le fanno per
ferite da arma da fuoco”, sorride. Sorridiamo tutti. Nessun cinismo,
anzi. Ecco quell’equilibrio tra attenzione scrupolosa (al nostro fare e
agli altri) e leggerezza della non eccezionalità (a paragone con sorti
universali) mi sembra un buon modo, il modo, per stare nel mondo. Anche
se usiamo la penna al posto del bisturi.
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