Storia di Isadora, una fiaba di Anselmo Roveda
C’era un uomo che di mestiere faceva il cavaliere, quando rimase senza cavallo non si disperò e cambiò occupazione. Iniziò a battere le più sperdute contrade cercando carcasse di coccodrillo. Quando le trovava le portava al mercato. Un giorno ne trovò una più pesante del solito, fu felice e si disse che al mercato quella pelle l’avrebbe venduta a caro prezzo.
Al mercato il compratore, un impagliatore, si lamentò un po’ ma poi, per tre soldi d’argento e un seme magico di zucca, la comprò.
Arrivato alla sua bottega l’impagliatore scoprì che dentro la pancia del coccodrillo c’era l’impugnatura di una spada di re.
«Che accidenti me ne faccio io di un’impugnatura di spada di re!», disse e così dicendo lanciò il pezzo di ferro nella cenere del camino. A metà mattina Cesira, la donna che riordinava la bottega dell’impagliatore, trovò l’impugnatura nella cenere e disse:
«Che meraviglia! Chissà che giochi ci si potranno inventare i bambini!», e se la portò a casa.
A casa di Cesira però né Giancarlo, il più grande, né Gianzuavo, il più piccolo dei maschi, e neppure Giandario, Gianenrico, Gianfredo, e tutti gli altri Gian messi al mondo si interessarono più di qualche minuto alla spada senza lama. Fu così che l’impugnatura finì nella mani di Isadora, l’unica femmina e la più piccola di casa. Quando Isadora brandiva l’impugnatura con la mano sinistra succedeva qualcosa di molto strano, di magico addirittura: una lama di fuoco spuntava nell’aria. La bimba giocava così ad accendere il fuoco sotto il latte e a terrorizzare i più prepotenti tra i suoi fratelli, ma la mamma non era contenta. Anzi. Diceva:
«Qui finisce che prendono la mia Isadora per una strega, bisogna far qualcosa, dovrò far sparire l’impugnatura… », poi però, per fortuna, se ne dimenticava, e così la bambina continuò a giocare con la sua spada di fuoco.
E fu un bene, perché un certo giorno passò di lì il messaggero di un vicino regno:
«Gente! Ascoltate! Sua Maestà il Re del Paese di Là offre un tesoro d’oro e la mano di sua figlia la principessa a chi sarà in grado di sconfiggere il drago che è andato a vivere nella torre del Castello del paese di Là!»
Giancarlo che era in età da matrimonio disse: «Ci penso io! Sono il più forte» ma poi tornò indietro con il sedere bruciacchiato.
Giandario disse: «Ci penso io! Sono il più scaltro» ma poi tornò indietro con il sedere bruciacchiato.
E così fecero pure tutti gli altri Gian della Cesira: partiti a gran parole, tornati con gran bruciature.
Allora mentre rincasava, chiappe fumanti, Gianzuavo la giovane Isadora non disse nulla e partì, impugnatura in pugno, per il Paese di Là. Salì decisa sulla torre più alta del castello, quella dove il drago aveva fatto il nido, e dopo qualche minuto, ecco che il drago fugge via. Merito della spada di fuoco? O delle chiacchiere di Isadora? Fatto sta che adesso il Regno del Paese di là è libero.
Suonano le trombe e rullano i tamburi, il re del Paese di Là fa chiamare nella sala del trono chi è stato capace di scacciare il drago. Le porte si aprono. Tutti si aspettano di veder un cavaliere alto e grosso e bello… e invece. E invece ecco entrare nella reggia una bambina bassa e piccola e bella a suo modo, pure un po’ cenciosa nelle vesti e moccicosa nel naso.
«Ehm… », deglutisce il re.
«Non si imbarazzi Sire, non cerchi parole. Tranquillo. Voglio solo il tesoro d’oro. Rinuncio volentieri alla mano della principessa, mica ho l’età da matrimonio. E poi sposare principi e principesse non va più di moda, ci si sposa con chi si ama mica con gli ammazzadraghi di passaggio, sennò poi non dura!»
«Ehm…», bofonchia il re, poi dato un colpo di tosse e ritrovato il contegno regale, annuncia: «Viva Isadora Scacciadraghi! Protettrice del Regno del Paese di Là! Riaccompagnatela a casa in corteo, di suonatori e cavalieri, e datele il tesoro d’oro!»
E così senza neppur bisogno di fare a botte, sul regno calò una nuova piacevole notte.
*
Questa storia è stata scritta come spunto e suggestione per il concorso letterario per ragazzi "Il Paese delle Fiabe" 2017, organizzato dal Comune di Serra Riccò (GE) per onorare la memoria e valorizzare l'opera della scrittrice Beatrice Solinas Donghi. Bando e informazioni sulla pagina delle Biblioteca della cittadina ligure. Il racconto, nei materiali del bando è seguito da una nota utile agli insegnanti nel favorire la partecipazione dei loro alunni. Eccola:
Nota dell’autore – Storia di una spada: suggestioni per creare una fiaba:
In questa storia c’è un’impugnatura di spada, recuperata dentro la pancia di un coccodrillo. È, o forse potrebbe solo essere, quella stessa che il re senza regno ha dato in pasto al coccodrillo di guardia al castello d’alabastro nella fiaba “La porta che c’era e non c’era” di Beatrice Solinas Donghi (la prima del volume “Le fiabe incatenate”, Rizzoli 1967; poi, dopo la trasposizione tv con i pupazzi di Lidia Forlini, ERI Junior, 1979; ed infine più edizioni e ristampe, l’ultima nel 2003 per EL).
Ecco le fiabe funzionano così, da un dettaglio, da un particolare si può partire per inventare e costruire una nuova storia; già, con le storie si può giocare, si possono “incatenare” e “intrecciare” tra loro, proprio come piaceva a Beatrice Solinas Donghi. Io sono partito da lì: dalle fiabe dell’autrice. Ho quindi scelto di usare la lingua propria delle fiabe. La lingua delle fiabe è una lingua magica, dove tutto può accadere dentro al rigore del gioco di fantasia; dove tutto deve essere piacevole a leggersi e a dirsi e quindi filare dentro l’avventura; ma dove tutto, tranne gli errori linguistici, può capitare. Anche fare emergere personaggi e particolari per poi lasciarli a zonzo, senza un motivo apparente, senza che rientrino nel finale della storia. Ecco, quei personaggi e dettagli possono essere spunto per domande capaci di far nascere nuove e originali storie, da intrecciare e incatenare con l’avventura di Isadora e con le fiabe di Solinas Donghi. La fiaba che inventerete non deve essere necessariamente la continuazione o l’antefatto delle avventure d’Isadora, anzi. Potrà essere una storia nuova e libera, che abbia però fatto proprio un elemento della fiaba di Isadora. Personaggi e situazioni curiose da cui partire ce ne sono parecchie: c’è un cavaliere senza più cavallo (come, quando e perché l’avrà perso?); c’è un impagliatore che possiede semi magici di zucca e forse ha un caratteraccio; c’è Cesira con la sua tribù di figli, svogliati e presuntuosetti, che si chiamano tutti Gianqualcosa; ci sono (certo!) Isadora e l’impugnatura della spada, e forse quella magica tra le due è proprio la bambina; c’è un re impreparato ad affrontare un’eroina bambina; c’è un drago forse più pacioso di quanto ce lo si figuri; c’è pure una principessa tutta da inventare perché qui proprio non appare.
In questa storia c’è un’impugnatura di spada, recuperata dentro la pancia di un coccodrillo. È, o forse potrebbe solo essere, quella stessa che il re senza regno ha dato in pasto al coccodrillo di guardia al castello d’alabastro nella fiaba “La porta che c’era e non c’era” di Beatrice Solinas Donghi (la prima del volume “Le fiabe incatenate”, Rizzoli 1967; poi, dopo la trasposizione tv con i pupazzi di Lidia Forlini, ERI Junior, 1979; ed infine più edizioni e ristampe, l’ultima nel 2003 per EL).
Ecco le fiabe funzionano così, da un dettaglio, da un particolare si può partire per inventare e costruire una nuova storia; già, con le storie si può giocare, si possono “incatenare” e “intrecciare” tra loro, proprio come piaceva a Beatrice Solinas Donghi. Io sono partito da lì: dalle fiabe dell’autrice. Ho quindi scelto di usare la lingua propria delle fiabe. La lingua delle fiabe è una lingua magica, dove tutto può accadere dentro al rigore del gioco di fantasia; dove tutto deve essere piacevole a leggersi e a dirsi e quindi filare dentro l’avventura; ma dove tutto, tranne gli errori linguistici, può capitare. Anche fare emergere personaggi e particolari per poi lasciarli a zonzo, senza un motivo apparente, senza che rientrino nel finale della storia. Ecco, quei personaggi e dettagli possono essere spunto per domande capaci di far nascere nuove e originali storie, da intrecciare e incatenare con l’avventura di Isadora e con le fiabe di Solinas Donghi. La fiaba che inventerete non deve essere necessariamente la continuazione o l’antefatto delle avventure d’Isadora, anzi. Potrà essere una storia nuova e libera, che abbia però fatto proprio un elemento della fiaba di Isadora. Personaggi e situazioni curiose da cui partire ce ne sono parecchie: c’è un cavaliere senza più cavallo (come, quando e perché l’avrà perso?); c’è un impagliatore che possiede semi magici di zucca e forse ha un caratteraccio; c’è Cesira con la sua tribù di figli, svogliati e presuntuosetti, che si chiamano tutti Gianqualcosa; ci sono (certo!) Isadora e l’impugnatura della spada, e forse quella magica tra le due è proprio la bambina; c’è un re impreparato ad affrontare un’eroina bambina; c’è un drago forse più pacioso di quanto ce lo si figuri; c’è pure una principessa tutta da inventare perché qui proprio non appare.
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"La spada di Isadora"
è ora in apertura del volume
Il Paese delle Fiabe
antologia della II edizione
del concorso letterario promosso dal Comune di Serra Ricco,
2017
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