Il primo maggio è la Festa del lavoro. E dei lavoratori, ma anche di
chi il lavoro non lo ha e lo vorrebbe. In queste settimane mi capiterà di
parlarne più spesso del solito, così come da qualche mese a questa parte, ai bambini. No, non di lavoro minorile. Non solo e non tanto quello. No,
proprio lavoro, lavoro. È una questione che mi sta a
cuore e che attraversa il mio ultimo libro: “Al lavoro!”, con illustrazioni di
Sara Ninfali. Il libro è uscito a ottobre e da allora incontrando le bambine e
i bambini, le ragazze e i ragazzi, in qua e in là e in su e in giù per l’Italia,
si parla anche di lavoro.
I giovani lettori, ne ho incontrati dai 7 ai 15 anni, sanno che il
lavoro non è solo sogno e desiderio, ma anche quotidianità (anche quando non c’è
e allora da sogno diventa incubo e da desiderio preoccupazione). È la quotidianità dei loro genitori,
dei loro insegnanti, delle persone che incontrano nel loro paese e di quelle
che vedono in tivù; sarà la quotidianità del loro futuro. E parlarne diventa l’occasione
per ragionare di diritti e doveri, diventa l’occasione per immaginare che i propri
sogni e i propri desideri si facciano percorsi realizzabili e non aspettative
irrealizzabili, diventa l’occasione per confrontarsi e condividere, se è il
caso anche le preoccupazioni.
I bambini e i ragazzi lo sanno bene, che se ne può parlare. Ne hanno
voglia. Qualche adulto meno. “Ma sei sicuro che si possa parlarne con i
bambini?”, sì. “Ma non è che rischi di proporre un libro ‘a tema’?” (i più
maliziosi lo domandano con tono suadente e accondiscendente, a sottintendere “ma
una persona colta, attenta e visibile come te non rischia di esporsi? Di scivolare
in modo partigiano su temi che dovrebbero finire sulle pagine di economia e non
su quelle degli albi illustrati?”), no, perché ci metto serenamente la firma e la
faccia (ma mi verrebbe da dire anche che è importante farlo proprio perché “non
tutti hanno i percorsi stabiliti e gli esiti tranquilli, insomma il culo parato,
come te”). Scrivere – e ragionare - del lavoro, poi, non può essere “a tema”. Il
lavoro è parte importantissima della vita di ciascuno, anche dei bambini, è la
normalità – ripeto, anche in sua assenza o ricerca – delle persone, delle
famiglie. Non investe solo il tempo occupato ma anche la qualità e la
possibilità del tempo non lavorativo: il benessere, la salute, il piacere,
la piena realizzazione di sé. Tanto che, è bene ricordarlo, la Festa del lavoro
celebra le battaglie per la riduzione dell’orario. E per i diritti. Ecco perché
si può e si deve parlare di lavoro ai bambini. Anche con gli albi illustrati.
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