Qualche giorno fa, da questo
blog [qui], me la prendevo con i “confusi nocivi” ovvero con la varia e talvolta
inattesa serie di professionisti della filiera del libro e di volontari (o
quasi) volenterosi promotori del libro e della lettura – con riferimento alla
letteratura per l’infanzia in primis - che, a dirla scherzosa, si nutrono di cibi bio km 0, indossano fibre
naturali prodotte in circuiti equosolidali, si muovono in bicicletta, declamano
alti discorsi ma che poi non fanno una piega di fronte alle filiere produttive
e distributive dei loro amati libri. A dirla seria: anche i libri sono un
prodotto, culturale certo, ma pur sempre prodotto e quindi tirano in ballo ciò
che con la produzione è connesso: diritti del lavoro (d’autore compreso),
sostenibilità economica dei territori e delle filiere, tutela dell’ambiente.
Etc. Lo dicevo solo per invitare a coerenza. Poi ciascuno scelga, col giusto
grado di consapevolezza e assunzione di responsabilità.
A margine c’era poi un discorso
su autoproduzione e selfpublishing (prometto un prossimo approfondimento su
semantica, politica e contemporaneità in editoria). Fin qui sull’editoria
tradizionale, e su quella tutta fisica per bambini e ragazzi a maggior ragione.
I discorsi sull’editoria in generale e digitale in particolare sono più
complessi e scivolosi. Li ho affrontati sulla carta in altre occasioni.
Bene, oggi vi consiglio una
lettura. Giusto perché sia chiaro che le riflessioni critiche sulla produzione
di contenuti narrativi oggi sono complesse e esigono sguardi diversi, e le
posizioni non possono essere definitive, assolute e tantomeno antitecnologiche.
Si tratta di un post di Alessandro Girola; un autore, autopubblicato e autodistribuito, di ebook che
del salto della filiera ha fatto scelta motivata, sensata e consapevole. L’ha
fatto, immagino per una questione di accessibilità ad un pubblico più vasto e
di semplicità della gestione dell’immissione e gestione dei contenuti,
attraverso Amazon. Ora Amazon può piacere o meno, esistono alternative più
vicine al sentire di altre sensibilità. Così come esistono modi diversi di fare
autopubblicazione, più vicini all’idea di raggiungere direttamente lettori
smarcandosi in modo netto da filiere commerciali. Questione di gusti e di
coerenza, come sempre. Resta il fatto che nel link che vi consiglio [qui] la
coerenza e la consapevolezza ci sono, condivisibili o meno. E fanno riflettere
sulla possibilità di fare narrativa, quella in particolare, in altri modi. A me
è piaciuto per schietta trasparente e genuina linearità. Mi garba la coerenza.
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