
"Mafalda la contestataria. Così con questa definizione esplicita, anche suggerita dai tempi, arrivò in Italia la bambina curiosa saggia e determinata di Quino. Una creatura forte, sospesa tra incanto e disincanto. Capace di strappare un sorriso e, ad un tempo, di infilare le dita negli occhi agli adulti, al mondo adulto (quello di timorose rinunce e piccole inutili pavide serrate degli occhi di fronte alle vicende del pianeta). E così, con la sua carica contestatrice, Mafalda è arrivata a me. Non nel 1968 o nel 1969, all’epoca non stavo ancora neppure nei progetti dei miei genitori. Arrivò (o meglio, ci arrivai) più tardi, nei miei anni della contestazione, quelli delle superiori, quelli delle manifestazioni e delle occupazioni. Un poco fuori tempo massimo, io e le contestazioni studentesche, a cavallo tra gli ’80 e i ’90. Sui miei coetanei avevo un vantaggio però: Bruna, la sorella più grande. Grande abbastanza per avere le collezioni di Linus e per passarmi una cinghia elastica portalibri frusta e consunta, di Mafalda. Ci legavo i libri delle magistrali al portapacchi del Sì Piaggio. Erano gli anni che volevo fare l’educatore per costruire un mondo nuovo e Mafalda alleggerì e diede sostanza al bagaglio. Tra una manifestazione, un concerto e un presidio – crollava il muro, si cacciava Ceausescu, accadevano i fatti di Tienanmen, scoppiava la prima guerra del Golfo – battevo le bancarelle dei libri usati. Un giorno tornai a casa con Il libro dei bambini terribili, finì nel mio scaffale dell’educatore nuovo con Freinet, Freire e Bernardini. Fotocopie e ritagli infarcirono i volantini del Kollettivo studentesco e di un centro sociale per bambini – rigorosamente autofinanziato e autogestito - che fondammo da lì a poco tra i vicoli di Genova. E’ troppo recente un trasloco per trovare tra le carte disordinate copia di quel materiale ma ripesco dalla memoria una striscia che usammo: Mafalda si rivolge a Felipe “Bisognerebbe ricominciare da capo, per vedere se riesce meglio”, e lui “D’accordo”, a quel punto entra in scena il padre “A cosa giocate?”, e Mafalda candida “A niente. Stavamo parlando dell’umanità”. E’ per queste ragioni che non ho più lasciato Mafalda, candida e contestataria."
Anselmo Roveda
Un grazie a Ivan Giovannucci, curatore del volume: quasi 600 pagine di Mafalda. Viva!