Bon Denâ! Buon Natale, in
genovese. In realtà il 25 è passato. Restano però giorni di festa, che auguro
di riposo e rivoluzione. Da molti anni per celebrare il periodo e giocare con
le festività regalo una piccola strenna ai lettori. Cose curiose e minime, ai
margini (e quindi già frontiera, occasione di esplorazione) delle mie scritture
e interessi più noti. L'anno passato ho aspettato l'epifania e giocato con il
giorno di Ded Moroz rilasciando un ebook (.pdf) pulp e pop, decisamente weird
(che infilata di parole inglesi! E pensare che la storia è...
sovietica). Un gioco narrativo, un racconto aperto, intitolato Gladiatori
rossi nello spazio. Altre volte ho regalato racconti strampalati in italiano
(Carrozza 9) o narrazioni in genovese (la traduzione del primo capitolo di Pel
di carota di Jules Renard, una favola di Martin Piaggio annotata, etc) o in
altri idiomi di Alpi e Mediterraneo a me cari (edizioni di Mistral). Quest'anno
ho raccolto tre favole classiche e le ho riraccontate in genovese, sono unite
da un animale che mi è simpatico: il lupo. Due storie, le riconoscerete, sono
della tradizione esopiana; una - la prima ovvero O lô e o savio [Il lupo e l'uomo saggio] - è una storiella popolare del
Daghestan, anch'essa saldamente dentro alla favolistica classica, che avevo già proposto nel 2005 in italiano per una strenna cartacea in
25 copie. Qui stanno tutt'e tre insieme, in genovese, con il titolo Lô (Tre föe contæ da Anselmo Roveda), una copertina
composta per l'occasione e disponibili - in versione .pdf - al download
gratuito dal sito anselmoroveda.com
lunedì 29 dicembre 2014
giovedì 27 novembre 2014
Il grande libro dei mestieri
Nei giorni scorsi è uscito Il grande libro dei mestieri (EDT - Giralangolo, collana "Sottosopra", 2014; edizione originale: Le grand imaginier des métiers, editions Gautier Languereau, 2012), testo e illustrazioni di Eric Puybaret. Un repertorio immaginifico eppure concretissimo di lavori da sognare e da perseguire (beninteso: nel significato di "impegnarsi con tenacia per raggiungere...") fin dall'infanzia. Grandissimo formato, vivaci e oniriche illustrazioni. Non mi dilungo e non lo analizzo, ché sono parte in causa avendone fatto la traduzione. Un volume al quale sono legato, quindi. E non solo per averne curato il testo italiano. Lavorare alla traduzione di questo albo illustrato mi ha consentito, infatti, di tornare a soffermarmi non soltanto su questioni dell'amata lingua francese e di riflettere sugli usi della lingua (in questo caso italiana) intorno ai generi, ma anche di confrontarmi con temi a me cari come l'identità, il contrasto degli stereotipi, il lavoro. E, non da ultimo, di ripescare un libro prezioso; ne dirò tra poco, prima divagherò in disordinato ordine.
Lingua francese: l'idioma dei cugini transalpini ha molte peculiarità, come ogni lingua, e diverse parole efficaci solo se dette come oltre Roia e Alpi. Una di queste è cruccio, croce, delizia e rovello di chi si occupi di illustrazione, cultura dell'immagine e pure di libri per l'infanzia: imaginier. Gli addetti ai lavori, nei discorsi tra addetti ai lavori, mantengono la parola francese. Gli altri si arrangiano. Del resto i dizionari francese-italiano lo tacciono. Non va troppo meglio con quelli francesi generalisti, anche enciclopedici. Almeno con il significato, la definizione è mia e per l'occasione, di "libro illustrato che presenta un repertorio di immagini coerente". Già, questo è grossomodo il senso di imaginier. In realtà, se la coerenza è data da classi e insiemi sufficientemente bazzicati nella storia editoriale (alfabeto, mostri e creature fantastiche, erbe officinali...), la resa in italiano è possibile e consolidata, benché frammentaria (alfabetiere o abbecedario, bestiario, erbario...). Altrimenti bisogna trovare soluzioni soddisfacenti per escluderla dall'orizzonte, preservandone senso. Eviterei, salvo rari casi e almeno negli illustrati per piccoli, l'algido /repertorio d'immagini/ così come prove avventurose (l'utilizzo di /immaginario/ con slittamento di senso fa inutile confusione) o neologismi costruiti su calco (insomma mi risparmierei, faccio esempio sul caso nostro, il cacofonico /mestierario/). Torno al lemma: l'unico significato attestato in francese, oltre al nostro (peraltro non supportato da fonti se non quelle del consolidato uso nell'editoria ragazzi francofona), lo trovo nel corpus lessicografico offerto dal Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales (cnrtl.fr) per il moyen français (1330-1500). Ha tutt'altro valore: indica i realizzatori di immagini dipinte o scolpite, insomma gli artisti ma pure gli artigiani. Ma questa è un'altra storia.
Lingua italiana, generi, identità, stereotipi: il libro di Puybaret in Italia è ospitato nella collana "Sottosopra" di EDT-Giralangolo. Una collana, diretta da Irene Biemmi, che, copio dal sito dell'editore, "è stata ideata con un preciso obiettivo: promuovere un immaginario alternativo attraverso libri illustrati espressamente orientati al principio dell’identità di genere e all’interscambiabilità dei ruoli maschili e femminili. I protagonisti di questi libri sono bambine e bambini, donne e uomini, liberi di agire, pensare e comportarsi senza vincoli legati al proprio sesso biologico di appartenenza". La lingua, la scelta delle parole e la loro declinazione, è - in ordine alle questioni esposte - importante quasi quanto le storie. E non dovrebbe esserlo solo per questa collana. Non entro nel merito e nel dettaglio della riflessione, annosa e ampiamente dibattuta, dell'uso di femminili e maschili per ruoli e professioni (sindaco? sindaca? il palesemente scorretto sindachessa?). Ho tutt'ora incertezze. Per mia fortuna il lavoro sulla resa in italiano, al femminile e al maschile, dei mestieri descritti da Puybaret è stato facile, perché preordinato e vigilato dalla consulenza di Irene Biemmi, la specialista. Più difficile - e divertente - rendere, pure nella misura brevissima dei testi (o forse proprio per questa), la molteplicità nella costruzione delle frasi che contrappuntano le immagini. Al di là della questione dei generi (grammaticali) il lavoro di traduzione su questo testo ha consolidato una mia convinzione, espressa più volte sia in sede critica che autoriale: la scelta della lingua e delle parole sono un atto politico responsabile. Pure per contrastare stereotipi. Sono in abbondante e buona compagnia. Lo dice, facendoci ridere e divenendo proverbiale, anche Nanni Moretti in Palombella Rossa (1989): "le parole sono importanti".
Lavoro: quanto è difficile parlarne nei libri. Eppure semplice. Per le bambine e i bambini, per le ragazze e i ragazzi, il lavoro non è solo, non può essere solo, la risposta al quesito adulto "cosa farai da grande?"; domanda che attende troppo spesso solo una risposta legata alle dimensioni del desiderio e del sogno, senza legarsi invece, come urge pure all'età evolutiva, anche alle dimensioni dell'impegno, della soddisfazione, del diritto, della fatica e del bisogno. Non ripeterò quanto già detto al proposito in occasione dell'uscita del mio Al lavoro! (illustrazione di Sara Ninfali; Coccole Books, 2012). E forse, pure con registri diversissimi, non è un caso che questi due libri possano unirsi con un immaginario filo rosso ben prestandosi a riflessioni negli incontri con lettrici e lettori; a farmelo notare è stata un'amica francese: Elisabeth Lesquoy, "ancienne professeur" d'italiano e attenta osservatrice dei libri italiani per ragazzi (suo il blog Lecturesitaliennes).
Libro prezioso: alla fine tutte le parole fin qui dette sono solo un pretesto per raccontarvi di Vendo l'argento do mâ [Vendo l'argento del mare]. Venditori ambulanti, gridi e voci di Genova (Sagep, 1971) di Ivana Ferrando, prefazione di Beatrice Solinas Donghi e illustrazioni di Attilio Mangini. Tante sono le suggestioni che toccherà andare con ordine. Innanzitutto com'è che mi è tornato in mano mentre lavoravo al libro di Puybaret. In una delle aperture del volume dell'illustratore francese entra in scena una venditrice (o venditore, certo) di primizie con tanto di megafono per decantare la qualità della sua proposta: "Venez venez dans mon bazar, il y a forcement un trésor pour vous". Ed ecco che arriva il libro di Ivana Ferrando. Per trovare il giusto tono del venditore in strada ho dovuto fare occhio e orecchio ai gridi (sì, gridi al maschile, lo usa il libro in questione; e vale, almeno per gli animali, i soldati e i venditori >>>) della tradizione. Così ho tirato giù dallo scaffale e riletto e riletto con il gusto di una prima volta Vendo l'argento do mâ. Le voci degli ambulanti sono qui prevalentemente, se non esclusivamente, in genovese e in ligure; fin da quella scelta per titolo, dove "l'argento del mare" altro non è, sono, che le acciughe. Cercavo ritmo, semplicità e forza, popolare e evocativa, e lì l'ho trovata. Il libro oltre a inanellare una collezione di gridi e voci li analizza e contestualizza, riferendosi ora alla cronaca ora alla storia ora alla letteratura di Liguria. Un libro prezioso dentro a una collana preziosa ("Scaffaletto genovese", diretta da Nelio Ferrando), rivoluzionaria allora per la capacità di collegare la tradizione più antica e schiettamente popolare con il respiro ampio della riflessione colta, della dimensione culturale a tutto tondo. Non a caso Beatrice Solinas Donghi in questa stessa collana pubblicò due saggi repertorio imprescindibili, non solo per lo studioso locale o l'amante di cose ligustiche, come A rionda di cuculli, filastrocche genovesi e liguri (1968) e Fiabe a Genova (1972); il primo dei quali più volte riproposto con giusta fortuna. Altro nome legato alla collana è quello di Attilio Mangini (1912-2004), autore delle illustrazioni di diversi volumi della serie; compresi questo della Ferrando e l'appena citato A rionda di cucculli di Solinas Donghi. Il nome di Mangini chiude un altro cerchio. L'artista, fu ceramista e pittore apprezzato, iniziò la propria carriera nel 1946, appena rientrato alla vita civile dopo aver aderito alla Resistenza. I suoi esordi, una Biennale di Venezia nel 1950 e una personale a Genova nel 1952, sono contraddistinti da "opere a chiaro sfondo sociale" (Chiara Caporilli, >>>), varrà allora la pena guardare questo L'ultimo morto dei cantieri maledetti (1952, tempera su carta, cm 74x105,5). Giusto per chiudere il cerchio, con il lavoro e i diritti.
mercoledì 19 novembre 2014
N.A.S.F. 10
N.A.S.F. 10 - Free è pronta, l'antologia annuale di fantascienza italiana curata dall'attivissimo gruppo Nuovi Autori Science Fiction è disponibile su carta e presto in ebook. 10 perché celebra il decimo anno di attività del gruppo, Free perché diversamente dalle precedenti raccolte non c'era nessun tema a vincolare gli autori. La selezione dei testi è anche un concorso: il vincitore di quest'anno è Roberto Vaccari. Tra i testi degli altri autori selezionati -
Alphaorg, Andrea Coco, Andrea
Teodorani, Angelo Frascella, Annarita Petrino, Antonio
Ognibene, Carlo Trotta, Chiara Masiero, Christian
Maria Fedele, Cristiano Fighera, Davide Camparsi, Emilia Cinzia
Perri, Enrico Matteazzi, Enrico Teodorani, Federico L.
Granzotto, Franca Scapellato, Francesco Omar Zamboni, Gabriele Laghi, Gaetano Police, Giuliana Ricci, Guido Pacitto, Marco
Signorelli, Massimo Baglione, Maurizio Bascià, Mauro Cancian, Riccardo Simone, Salvatore Di
Sante, Selina Pasquero, Simone "Duca"
Luchini, Stefano Meglioraldi, Ugo Spezza, Umberto Pasqui - c'è anche il mio Operativo Z.E.H.N. Le diciotto ore che cambiarono la vita di Aronne Bertolet.
Inizia così:
La sirena annuncia la pioggia
indotta delle sei. Sotto la cupola è così. Pioggia indotta ogni cinquantasette
giorni. Per sessantaquattro ore di fila acqua, acqua e solo acqua. Sembra una
scocciatura, ma chi ha vissuto il Quindicennio Arso benedice le ore
regolamentari.
L'ambientazione è una Torino postapocalittica, protetta dalle radiazioni che bruciano l'Europa.
Il sito NASF >>>
giovedì 6 novembre 2014
La mia fantascienza (di focaccia, barbera e plin)
Bazzico da sempre i territori
della fantascienza, innanzitutto come fruitore di narrazioni e frequentatore di
immaginari, fin dall'infanzia. Libri, fumetti, cartoon, film, giocattoli, serie
tv, videogames. Del resto sono nato nel 1972. Faccio parte della generazione
cresciuta con l'eco dei pionieri della cosmonautica, il sottofondo della
conquista della Luna e il sogno, presto infranto, delle esplorazioni spaziali.
Gente cresciuta con Capitan Harlock
(prima visione italiana 1979) e i robottoni in tv: Goldrake (1978), Grande
Mazinger (1979), Mazinga Z
(1980), Jeeg (1979), Daitarn 3 (1980), Gundam (1980). Gente cresciuta con i primi videogiochi: Space Invaders (1978), Asteroids (1978), Lunar Lander (1979), Galaxian
(1979); e più tardi finii col passare nottate, rigorosamente di nascosto, a
giocare a Demon Attack (1982). Gente
cresciuta con giocattoli come i Micronauti - ricordate il candido Force
Commander? - e i mecha giapponesi.
Tra i primi film visti sul grande schermo,
forse passati con qualche ritardo nel cinema estivo all'aperto di Arenzano,
annovero il mitico Star Wars (1977),
il noioso The Black Hole (1979) e il
bizzarro Flash Gordon (1980); poi
vennero E.T. (1982) e Gremlins (1984). In televisione, oltre
ai cartoni, passavano serie come Ai
confini della realtà, Buck Rogers,
Star Trek (quella storica, con Kirk e
Spock), Spazio 1999 e Galactica.
Uno dei primi libri che
ricevetti in dono fu la raccolta di fumetti Dan
Dare - L'eroe del cosmo (Dami,
1976), poi sulla scaffale di mia sorella scovai Extraterrestre alla pari (La Sorgente, 1979) di Bianca Pitzorno. Nella stessa libreria d'infanzia consumai le divulgazioni de Il Grande Libro dello Spazio (Mondadori,
1981) e gli aggiornamenti annuali dell'Enciclopedia Grolier (1980) che
dedicavano una sezione speciale all'astronautica. L'appuntamento in edicola
invece era con i supereroi Marvel, allora pubblicati da Editoriale Corno. Alle
medie arrivò la lettura, prima antologizzata e poi in volume quale prescrizione
estiva, di Asimov; l'imposizione di allora non me lo fa amare particolarmente
neppure oggi. Potere della scuola. In ogni caso poco più tardi giunse
l'incontro con gli "Urania" e a seguire scelte più consapevoli
(letteratura soprattutto, ma anche cinema e fumetti), con opere e autori che
ancora oggi amo: Philip K. Dick, Ray Bradbury, Robert Sheckley, Terry
Pratchett, William Gibson. Da lì in poi il percorso adulto, e lo spazio per la
sf conteso e poi preso da altri interessi e altre strade. Quelle che in letteratura
mi hanno portato a indagare altri generi di letteratura cosiddetta popolare, a
studiare e praticare la letteratura per l'infanzia, a incrociare e documentare
letterature d'ambito regionale, a incontrare e amare narratori internazionali e
italiani di tutt'altre storie; penso a Jean Giono, Beppe Fenoglio, Francesco
Biamonti, Philippe Carrese e Sergio Atzeni. Ma queste, per l'appunto, sono
altre storie. O forse no. Perché poi come scrittore mi sono trovato a
mischiare il mio immaginario fantascientifico, giocoforza formato dalle
suggestioni sopra esposte, con altre passioni e campi d'interesse. Pure
extraletterari: le tradizioni popolari, le lingue meno diffuse, la montagna, la
storia locale. Interessi nutriti negli anni da trekking, studi e viaggi tra
paesaggi sapori e culture di Liguria, Piemonte e Provenza. Così è andata a
finire, me ne rendo conto a posteriori, che anche nelle mie incursioni nella
fantascienza come scrittore ho declinato il genere per lo più usando
ambientazioni e personaggi saldamente ancorati a uno spazio geografico e umano
preciso, radicato in questa porzione di territorio sospeso tra Alpi e
Mediterraneo. Nel racconto leggero Di
pattuglia (in: Robot ITA 0.1,
Edizioni Scudo, 2011), tra sf e umorismo, il droide Nrd7 e il maresciallo umano
Serra si aggirano, corre l'anno 2047, per le campagne tra Asti e Alessandria.
Nella storia non lo dico ma pensavo ai paraggi di Castello di Annone (AT). Nel
libro Missione Vesta (Coccolebooks,
2014) l'ambientazione è prevalentemente spaziale, Fascia interna degli
asteroidi, ma l'avventura prende avvio durante una festa patronale di Sassello
(SV), Appennino ligure al limitar di Monferrato e Langa. La ragione è semplice,
uno dei protagonisti - forse tornerà in altre storie - è il pilota Tommaso Perrando,
un maggiore della Flotta Spaziale EuroAmericana cresciuto all'ombra del Monte
Beigua. Nel racconto supereroistico In
diciassette giorni (in: E-Heroes,
Edizioni Scudo/Cyrano Comics, 2013) il protagonista Matteo Lanteri, trentenne
in crisi, acquisisce i suoi poteri dopo essersi ritirato nella casa avita di
Borniga, borgata sopra Realdo, frazione di Triora (IM), incastro montano tra
Alpi Liguri e Marittime. Nel racconto di prossima pubblicazione Operativo Z.E.H.N. (in: N.A.S.F. 10 - Free, N.A.S.F., uscita
dicembre 2014) invece la storia si svolge in una Torino post-apocalittica. Ma
non dico di più, deve ancora uscire.
mercoledì 15 ottobre 2014
Xièxiè - Piccole soddisfazioni cinesi
In attesa dell'edizione in caratteri semplificati (简化字) che sarà pubblicata prossimamente in Cina da 21th Century Publishing, è uscita a Taiwan, per il mercato cinese internazionale, la versione in caratteri tradizionali (正體字) de "Il meraviglioso viaggio di Pinocchio" - testi miei, illustrazioni di AntonGionata Ferrari - per le edizioni Greenland Book.
la scheda su Greenland Book
il sito di Greenland Book
la scheda dell'edizione originale sul sito EDT-Giralangolo
la scheda sul mio sito anselmoroveda.com
謝謝
谢谢
XièXiè
lunedì 29 settembre 2014
è uscito Nati liberi
a inizio settembre
è uscito
Nati liberi
Fatatrac, 2014
illustrazioni di Sandro Natalini
la scheda sul sito Giunti
Platano fritto (2007)
Da qualche giorno è disponibile sul sito anselmoroveda.com il file audio di Platano fritto, un radioraconto del 2007. Lo trovate al link qui sotto. Buon ascolto.
Platano fritto
(2007)
radioracconto di Anselmo Roveda
Finalista al concorso
"Radiocorti - La voce degli altri"
indetto da Radio Alt
in colaborazione con Scuola Holden,
Ibs.it e Lampi di stampa
ASCOLTA
INTERPRETI
Voce narrante: Massimo Villa
Ragazza con il cappotto vinaccia: Tina Venturi
Miriam: Johanna Barahona
REGIA, PRODUZIONE E MUSICHE
Massimo Villa
Il testo, con traccia cd mp3, è poi
stato pubblicato nell'antologia
"Le voci degli altri - 10 racconti per la radio"
Lampi di stampa, Milano 2007
La produzione radiofonica è stata
trasmessa da Radio Alt
venerdì 18 luglio 2014
Sigari, missili e altre storie
Ieri ho perso il telefono. Nottetempo, quale
risarcimento cosmico, ho riguardato “Il pianeta delle scimmie”, in
blu-ray, audio originale; è il primo, quello vero, quello con Charlton
Heston. Lì, nelle scene iniziali, il nostro “skipper” stellare si
accende con noncuranza e soddisfazione un sigaro, al chiuso, dentro un
mezzo pubblico, vabbè un’astronave. Un gesto incivile, direte voi. Era
il 1968, sulla Terra, qui. Nello stesso anno in Palestina, così per non
perdere l’abitudine dopo quella dei Sei giorni (1967), si combatteva la
cosiddetta guerra d’attrito, aspettando quella del Kippur (1973). Oggi è
il 2014 e nessuno di voi si accenderebbe, o accetterebbe, un sigaro in
un luogo chiuso. In Palestina però si bombarda. Ecco avrei preferito
un’evoluzione storico-sociale differente, dove magari, piuttosto, si
potesse fumare tranquillamente, ovunque. Ma sono di parte. Sono un
fumatore.
giovedì 3 luglio 2014
212
approfitto di un casuale numero palindromo
(212, la pagina di “Le terre della fantasia” - a cura di M. Campagnaro,
Donzelli, Roma 2014 – dove lo trovo citato) per consigliarvi come
lettura estiva, dai 7 anni, un mio libro di qualche anno fa: “T’ho detto Z” (ill. Dido,
Sinnos, Roma 2008). Due storie buffe e un po’ surreali, sul filo del gioco
linguistico. Le scrissi a Prali, in Val Germanasca, d’estate, in una
casetta con la stufa e senza connessione in località Lou Giourdan (1489
m. s.l.m.). Fu una bella estate, di rivoluzioni.
Il sito della casa editrice: http://www.sinnos.org/
Lost and found
"Dizionario Genovese pei Bambini. Primo insegnamento oggettivo con 348 figure in cromolitografia", è un dizionario visuale, rilegato robusto e grazioso, curato da Aidano Schmuckher e uscito nel 1981 dall'editore Tolozzi di Genova. Il volume fa il verso ad analoghe pubblicazioni dell'800 e del primo '900; le tavole, seppure non indicato esplicitamente, direi essere tratte proprio da uno di questi volumi. Probablimente da uno curato a suo tempo da Pasquale Fornari (1837-1923) per la lingua italiana; ma non ne ho ancora certezza. Fatto sta che la mia copia l'ho persa di vista diversi anni fa. Tra prestiti vari e un paio di paia di traslochi l'avevo data per definitivamente perduta e mi ero quindi attivato per recuperne un'altra. Anni di giri infruttuosi. L'altro ieri, senza esserne in cerca, nella vetrina della libreria a 150 passi da casa ne è spuntata una copia. Eccola.Eccolo tornato a casa.
venerdì 20 giugno 2014
Robe aliene
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Antefatto:
gennaio 2014, esce in volume un mio racconto di fantascienza, si chiama
“Missione Vesta” e viene da lontano. Al centro della narrazione c’è un
manufatto misterioso e alieno, “una specie di noce grande quanto il
Colosseo, di compatto metallo nero solcato da spessi arzigogoli e striature di
un colore tra l'oro e il rame”, probabilmente un vascello interstellare
vecchio di 500.000 anni.
Fine
maggio 2014. Di ritorno da un giro di incontri e presentazioni nel sud, mi
trovo alla stazione ferroviaria di Pisa incastrato in due ore di ritardo delle
solite meritorie ferrovie nazionali. Ho terminato le letture portate in
viaggio. Non ho nulla da leggere e l’estate è vicina, così vado all’edicola e
ritorno a un vecchio costante mai abbandonato rituale della bella stagione:
Urania. Scelgo, sbirciando quarta, “Un mondo per gli Artefici” di Charles
Sheffield, è il n. 1606 di Urania, la collana Mondadori da edicola consacrata
alla fantascienza.
Un
libro a me finora ignoto, uscito in originale nel 1990. Da noi ora per la prima
volta, mi pare di capire. Non ho mai letto nulla di Sheffield, ma scopro che il
libro si lega ad altri dell’autore.
La
storia, il tempo, l’universo, la misura della narrazione; tutto è lontanissimo
da “Missione Vesta”. Eppure. Quante consonanze tra il relitto di Vesta, opera
dei Vagienni primi presunti
esploratori del sistema solare, del mio libro e i Manufatti degli
Artefici di Sheffield. La lettura mi diverte, anche in questa chiave. In lingue
e tempi diversi, con destinatari e lunghezze differenti, abbiamo raccontato un
universale, che forse non a caso pervade l’immaginario umano.
Disclaimer
finale: tranquilli, non credo nei paleoastronauti.
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